Andrea Ferrari Bordogna

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Ritratti speciali

Il problema sottile di un artista quando si dedica al ritratto è conciliare l'esigenza di rendere fisionomie leggibili, e in quanto tali differenziate, con quella di esprimersi secondo la propria natura e la propria tendenza interpretativa. L'artista è se stesso quando raggiunge un personale linguaggio stilistico: nel caso di Andrea Ferrari Bordogna, egli si colloca in una corrente profondamente connessa con la cultura del nostro tempo, avendo alle spalle suggestioni popartistiche evolute attraverso l'esperienza della Transavanguardia; ma non le utilizza, come spesso avviene, in un deliberato impoverimento espressivo; anzi nella sua maniera si leggono tensioni drammatiche, che, unite all'apparente infantilismo degli schemi, producono effetti assai inquietanti.

Questo stile oggi l'artista lo applica a una serie di immagini, isolate ma più spesso combinate tra loro, che raffigurano individui ospitati nel Centro di accoglienza della Cooperativa "Farsi prossimo". E' chiaro che, trattandosi di persone provenienti da paesi diversi e giunte in Italia a seguito di traversie anche drammatiche, l'impressione che l'artista intende trasmettere è quella di una comunità unita nella sorte ma differenziata nei suoi singoli esponenti e nelle vicende che essi hanno attraversato.

Era dunque facile, se ci ricolleghiamo a quanto detto sopra, che egli utilizzasse una varietà di toni ma insieme un'omogeneità di atmosfere, e non tanto indugiasse sul ritratto singolo quanto su un'intonazione comune, attraverso la quale si leggesse il dramma di ciascuno e nel contempo il respiro di un approdo rasserenante. Molti dei quadri ora esposti producono appunto un effetto globale di questo tipo; anche se gli aspetti drammatici, l'ansia e il dolore che stanno alle spalle di ciascun personaggio, hanno un particolare risalto.

L'operazione di Ferrari è stata ancora diversa; nel senso che egli non ha inteso escludere l'attenzione alla specificità. E' così partito da una serie di schizzi, rapidi e felici nella loro resa immediata, e differenziati da caso a caso; e li ha poi utilizzati riprendendone tratti somatici ed espressivi in composizioni complesse, alcune dedicate ad un unico individuo, di per sè molto rappresentativo, altre con personaggi incasellati in sequenze che paiono come una schedatura burocratica dentro la quale intravvedi il pulsare di singole personalità (inquiete, immalinconite, dignitosamente pacate e cosi via). O infine, le figure sono combinate in una sorta di narrazione a gola chiusa dove - va detto - è più registrato l'affanno delle vicende vissute dai personaggi che non l'approdo a una situazione protettiva.

La maniera di Ferrari, retta, nella varietà delle soluzioni da una riconoscibile continuità di stile, passa dai ritratti di forte interiorità, spesso sottolineata dal farsi vaporoso del pennello, a quelli più aspri e convulsivi; e anche a sovrapposizioni di immagini come a registrare il succedersi di eventi nel tempo, tuttavia non obliterati dalle persone; e persino a tumultuose e lacerate sequenze dove le fisionomie paiono liquefarsi in fango e sangue.

Rossana Bossaglia


Una bellezza diafana

Questa non è una recensione critica dell'opera del pittore Andrea Ferrari Bordogna: già altri - anche di alta competenza, come Rossana Bossaglia - l'hanno fatto. Queste righe sono solo a testimonianza semplice e immediata di un visitatore che, con occhi ingenui ma sinceri, sosta davanti ai dipinti di questo artista che vive quotidianamente ciò che presenta: egli, infatti, è operatore di un centro di prima accoglienza per famiglie di profughi e rifugiati a Milano.

Con la stessa "trasparenza" (è questo il termine a lui caro) con cui ritrae i suoi soggetti, così egli confessa a me e agli altri la genesi dei suoi ritratti: "Durante il servizio da me svolto, mi capita di avere occasione di ritrarre su un blocco da disegno alcuni ospiti presenti nel centro. Questi schizzi eseguiti dal vero sono la base per eseguire dei dipinti ad olio, legati alla tematica dei profughi e rifugiati, e l'animo che mi ha mosso in questi dipinti viene proprio dagli incontri che quotidianamente ho con queste persone".

Ecco, allora questa galleria di volti e di figure, donne e uomini, bambini e giovani, padri e madri, famiglie e persino prostitute, immersi in luci e colori che sanno intrecciare la fosforescenza di un dramma con la serenità della speranza e dell'attesa. Sono persone quotidiane e modeste dai visi persino sghembi e segnati dalla vita; eppure essi sono una manifestazione del divino. I cenci che indossano sembrano manti di dignità, i loro portamenti sono regali; anzi, talora si trasfigurano in veri e propri santi aureolati e in essi occhieggia anche la prima e suprema famiglia di profughi, quella di Betlemme, con Maria, Giuseppe e il Bambino raminghi verso l'Egitto. Davanti a questa sequenza di storie vere e trasfigurate si gusta quello che Andrea Ferrari chiama appunto la "bellezza trasparente".

Si potrebbe anche parlare di "bellezza diafana". "Diafana" perchè fragile e facile ad essere ferita e sfregiata dalla prevaricazione e dalla violenza. "Diafana" perchè lascia trasparire la luce interiore di quei corpi, la loro pacata fiducia e la loro desolata amarezza. Già Virginia Woolf affermava che "la bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l'altro di angoscia, e taglia in due il cuore". E' per questo che dalla visita ai dipinti di Ferrari non si può uscire indenni o indifferenti. Egli ci ha costretto a fissare gli occhi in immagini e realtà che noi evitiamo "passando oltre dall'altra parte" come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano (Luca 1O, 31-3Z). E ciò che abbiamo scoperto è un volto inatteso, non mostruoso o estraneo, ma la rivelazione della bellezza e della fraternità, anzi un'epifania di Dio.

Mons. Gian Franco Ravasi